I ricercatori dell'Empa hanno sviluppato un approccio per stimare quale parte dei flussi energetici del pianeta l'umanità può utilizzare per i propri scopi senza danneggiare il sistema energetico della Terra.

In una società veramente sostenibile, non solo i flussi di materiale ma anche i flussi di energia devono rimanere entro i limiti fissati dal nostro pianeta.

La domanda chiave è quindi: c'è abbastanza energia rinnovabile disponibile a livello globale per gestire in modo sostenibile i flussi di materiali senza violare i confini del pianeta? Questa domanda è oggetto di indagine da parte di un team del Technology and Society lab dell'Empa.

Se guardiamo alla Terra come ad un sistema, esso scambia con lo spazio solo energia. La parte di gran lunga più grande dell'energia introdotta nel sistema Terra è la radiazione proveniente dal Sole, integrata da contributi minori dal movimento planetario e dall'energia geotermica. Questi flussi di energia sono sempre stati utilizzati interamente dalla Terra stessa: hanno alimentato i suoi numerosi sottosistemi, come gli oceani, l'atmosfera e le foreste.

La maggior parte di questi sottosistemi converte l'energia in entrata in ulteriori flussi di energia rinnovabile, ad esempio correnti di vento e acqua o produzione di biomassa. In queste conversioni, l'energia libera, chiamata exergia, viene estratta dai flussi energetici in entrata. Indipendentemente dal fatto che le conversioni di energia avvengano nel sistema naturale della Terra o nella tecnosfera creata dagli esseri umani, tutta l'energia viene infine irradiata nello spazio.

Poiché l'umanità devia sempre di più i flussi di energia rinnovabile alle sue attività, quelli disponibili per il sistema Terra si riducono. Il sistema terrestre può compensare tali interruzioni in una certa misura. Tuttavia, se sono troppo grandi, aumenta il rischio di superare i cosiddetti "punti di non ritorno". Ciò comporterebbe cambiamenti rapidi e irreversibili nel sistema terrestre, come lo scioglimento delle calotte polari, che a sua volta accelererebbe il cambiamento climatico. Per non superare questi “punti di non ritorno”, la dimensione dell'area terrestre occupata non deve superare il confine planetario. Anche il modo in cui viene utilizzata la terra è cruciale: gli impianti solari invece delle foreste, ad esempio, interrompono la biodiversità, l'evaporazione e quindi il ciclo dell'acqua, la radiazione del calore nello spazio e molto altro ancora.

Gli stessi limiti massimi per l'occupazione del suolo non si applicano solo all'uso diretto dell'energia solare, ma anche alla raccolta della cosiddetta energia chimica, cioè all'agricoltura e alla silvicoltura, che producono cibo e foraggio, materiali per il riscaldamento, combustibili e materiali da costruzione.

In uno studio, i ricercatori dell’Empa sono giunti ad un risultato sorprendente: il 99,96% dell'energia che arriva sulla Terra dallo spazio è necessaria per alimentare il sistema terrestre e la produzione di cibo, quindi solo lo 0,04% può essere utilizzato tecnicamente. Tuttavia, questo potenziale è ancora circa dieci volte superiore alla domanda energetica globale odierna.

Un’altro risultato, è che dovremmo preferire raccogliere e utilizzare questa energia disponibile attraverso la conversione diretta dell'energia solare, in quanto “uso diretto” significa meno passaggi di conversione e quindi meno perdite.

Secondo il team di ricercatori, gran parte dell'energia solare potrebbe essere raccolta da una piccola porzione dei deserti, ma questo è tecnicamente e logisticamente impegnativo. Tuttavia, l'energia solare raccolta nelle aree desertiche potrebbe essere considerata come una riserva energetica globale nel caso in cui tutte le altre possibilità di raccolta siano esaurite. Questo comporta che dobbiamo avvalerci delle superfici già utilizzate in tutto il mondo, ad es. tetti e facciate di edifici, ma anche strade, ferrovie e parcheggi.

Nel loro studio, il team dell'Empa ha affrontato solo il primo passo: il calcolo del potenziale energetico disponibile. Il secondo passo, ovviamente, sarà il calcolo della quantità effettiva di energia disponibile, e questa non può che essere inferiore a quella potenziale a causa di fattori limitanti che includono la disponibilità di materie prime, ma anche capitale finanziario e umano, impatti ambientali durante l'estrazione o produzione di materie prime, il funzionamento e lo smaltimento degli impianti e la necessità di infrastrutture aggiuntive per la distribuzione e lo stoccaggio dell’energia.

 

 

fonte: Swiss Federal Laboratories for Materials Science and Technology